FRA GUIDONE ECCETERA ECCETERONE 11 страница



Camminando sul prato Pannocchia si imbatte in un bel sasso quadrato e si siede. Ma ecco che arriva un uccello con le penne gialle e blu e incomincia a girargli intorno e a dargli delle beccate sulla testa come se avesse un messaggio per lui. Pannocchia si volta appena e vede una cosa che lo fa restare secco di meraviglia. Sotto un gigantesco fiore di zucca c'è Menegota che gli sorride. Pannocchia si stropiccia gli occhi e poi guarda ancora, caso mai si fosse sbagliato. È proprio lei Menegota, bellissima. Gli parla cantando e, fatto molto strano, come apre bocca, Pannocchia si accorge di cantare anche lui.

"Vieni Pannocchia."

"Dove?"

"In un posto molto bello."

"Perché non stiamo qui? È bellissimo."

"È più bello dove dico io."

"Sei sicura che non è uno scherzo?"

"Se non mi credi chiamo Millemosche e vado via con lui."

"No no, vengo subito."

Pannocchia la segue. Fa qualche passo di corsa per avvicinarsi di più, ma quando lui si avvicina lei si allontana. Allora si mette a correre e Menegota si mette a correre anche lei. Pannocchia si butta all'inseguimento, spicca dei salti volando sopra i cespugli e finalmente riesce a acchiappare Menegota per una gamba che ha la forma uguale identica a un prosciutto. Pannocchia apre la bocca e gli da un gran morso. Si leva in aria un urlo altissimo e subito dopo Pannocchia si sente arrivare un pugno in faccia che gli fa voltare la testa dall'altra parte. Apre gli occhi e si trova sul mucchio di paglia, tutto abbrancicato a Carestìa che ha ancora il pugno alzato e sta per dargliene un altro.

"Cosa ti salta in mente di morsicarmi?"

"Ma lei dov'è andata?"

"Lei chi?"

"Menegota."

"Ma dove vuoi che sia andata? È in casa. Guarda qua che morso mi hai dato!"

Carestìa gli fa vedere una coscia dove sono impressi i segni rossi e profondi dei denti di Pannocchia. Allora è stato un sogno. I fiori, Menegota, tutto quanto. Pannocchia si alza dalla paglia ancora strasognato.

"Carestìa! L'ho vista da vicino!"

"Chi?"

"Menegota!"

"Perché non mi hai chiamato?"

"Come facevo se dormivo?"

A questo punto Millemosche esce dalla baracca muovendo le mani e i bracci come quando è molto arrabbiato e si va a piantare faccia a faccia davanti a Pannocchia.

"Ripeti quello che hai detto!"

"Ho visto Menegota in mezzo a un prato."

"Non è vero! Menegota è stata sempre in casa con me."

"L'avrò vista in sogno."

"Non ti permetto di sognare la mia donna!"

"L'ho già sognata."

"Dimmi che non era lei."

"No no, era lei. Sono sicurissimo."

"Mi dispiace per te, ma io sono capace di ammazzarti."

"Va bene non la sogno più."

Millemosche ritorna nella baracca e si mette a guardare Menegota che sta dormendo. La guarda con sospetto come si guarda una donna traditora. Più la guarda e più è peggio, il sospetto cresce e gli monta alla testa. Millemosche sente un formicolare nella mano, poi la mano gli parte e da uno schiaffo a Menegota. La gelosia è una brutta bestia, se ne rende conto anche lui, ma ormai lo schiaffo è partito e non si può più tirare indietro. Allora si butta in ginocchio e domanda perdono di che cosa?

"Dello schiaffo."

"Quale schiaffo?"

"Quello lì sul letto mentre dormivi."

Menegota credeva che fosse una carezza un po' più forte delle altre e così non c'è neanche bisogno di fare la pace, anzi dice fammi un'altra carezza uguale a quella di prima. Millemosche va fuori a prendere aria perché sente una grande confusione nella testa, va a svegliare Pannocchia.

"Che cosa stavi sognando?"

"Niente."

"Invece sì. Dimmi che cosa sognavi."

"Un cane."

"Che cosa faceva quel cane?"

"Andava in giro da queste parti."

"E dopo?"

"Dopo mi hai svegliato."

"E Menegota cosa faceva?"

"Menegota non c'era nel sogno."

"Dov'era?"

"In casa."

"Adesso vi faccio una proposta a tutti e due."

"Che proposta?"

"Io vi dò da mangiare quello che volete ma voi mi dovete promettere di stare sempre svegli."

"Non ce la facciamo."

"Almeno provate."

Ormai Millemosche non dorme più e non fa dormire nemmeno gli altri due. Arriva all'improvviso e se li trova con gli occhi chiusi li prende a pugni. E allora Pannocchia e Carestìa dormono in piedi di giorno appoggiati a un albero oppure appoggiati l'uno alla schiena dell'altro.

Menegota cerca di spiegargli che gli altri possono sognare tutto quello che vogliono e che lei sui sogni degli altri non ci comanda. Ma Millemosche non c'è verso di fargliela capire. Sta lì immusonito e non parla più con nessuno. Fa dei giri intorno alla baracca come la luna intorno alla terra e certe volte si mette a dormire sulla paglia vicino a Pannocchia e Carestìa. Una mattina mentre fa i suoi giri intorno alla baracca si accorge che Pannocchia e Carestìa stanno bruciando la paglia.

"E adesso come fate?"

"A fare?"

"A dormire."

"Abbiamo deciso che andiamo via."

"E io?"

"Resti con Menegota."

"Menegota non mi piace più."

"Allora vieni via anche te."

"Non posso scappare come un ladro."

"Invece di scappare come un ladro cerca di scappare in un altro modo."

"Dovete aiutarmi a trovare una ragione o una scusa.

Pannocchia si prende la testa fra le mani. Resta così, immobile, con gli occhi chiusi. Carestìa fa lo stesso, con grande meraviglia di Millemosche. Basta lasciarli soli per qualche giorno, questi due, e eccoli qua che non li riconosci più. Come quando si sono persi nella foresta e li ha ritrovati nella pianura che si erano persi nella pianura. O quell'altra volta che si erano messi in testa di mangiare la terra. Avevano sentito dire che durante l'assedio di Roccaripesena i soldati avevano mangiato la terra e così la volevano mangiare anche loro. Ma quella era creta, brutti cretini. Si sa che la creta è buona da mangiare. E adesso eccoli lì con la testa fra le mani e gli occhi chiusi come due non si sa che cosa.

"Che cosa fate?"

"Stai zitto che pensiamo."

"Da quando in qua avete imparato a pensare?"

"Ecco, ho pensato."

"Che cosa hai pensato?"

"Il modo per liberarti di Menegota."

"Sentiamo."

"Prendi una campanella e te la leghi al piede."

"E poi?"

E poi, gli spiega Carestìa, gli fai credere di avere preso la lebbra. Quella si spaventa e non ti fa più entrare in casa. E allora Millemosche può partire tranquillo perché è lei che lo ha messo alla porta. Il trucco è proprio quello di farsi mettere alla porta. Pannocchia che non gli è venuto in mente niente è d'accordo con Carestìa. Millemosche non è proprio d'accordo ma ci manca poco. Gli sembra una gran vigliaccata questa della campanella, lui che è cavaliere. E poi non è ancora sicuro se gli conviene o no lasciare Menegota, il letto le uova la polenta e tutto il resto, lui che è un cavaliere. Dopo averci pensato decide che deve pensarci ancora un po'.

 

SEMPRE CAVALIERE

 

Millemosche entra nella baracca di Menegota traballando sulle gambe come se fosse molto debole e ha una faccia gialla come la polenta. A una caviglia, porta legato un campanaccio di quelli che si mettono al collo delle vacche. Fa un passo dentro la stanza senza richiudere la porta, poi alza la gamba e la muove in aria facendo risuonare il campanaccio. Menegota lo guarda piena di sorpresa e vorrebbe andargli vicino ma Millemosche la ferma con la mano.

"Sta indietro!"

"Che cosa ti è successo?"

"È successo che ho preso la lebbra. Adesso non voglio attaccarla anche a te e allora ho deciso di partire."

Menegota gli corre incontro e lo bacia sulle guance e sulle orecchie mentre Millemosche cerca in tutte le maniere di tenerla lontana. La donna gli si butta addosso da tutte le parti e lui non sa come difendersi. Ma appena la donna si stacca, ricomincia a suonare il campanaccio.

"Non capisco più niente. Perché mi hai baciato? Ti ho detto che ho addosso la lebbra."

"Non preoccuparti che ce l'ho anch'io."

"Cosa?"

"La lebbra."

Millemosche fa un salto per aria. Infila la porta e si mette a scappare di corsa a quattro a quattro. Pannocchia e Carestìa lo vedono correre scampanellando attraverso i campi e, senza capire che cosa sia successo, si mettono a corrergli dietro.

"Se scappa così è segno che qualcuno gli corre dietro."

"Siamo noi che gli corriamo dietro."

"E perché gli corriamo dietro?"

"Per prenderlo."

"E lui perché scappa?"

"Per non essere preso."

"Proviamo a fermarci a vedere cosa fa."

Provano a fermarsi ma Millemosche continua a scappare scavalcando i cespugli e saltante sopra i fossi. Allora i conti non tornano più. Pannocchia e Carestìa riprendono l'inseguimento, scavalcando anche loro i cespugli, saltano sopra i fossi, corrono in salita e in discesa seguendo il percorso di Millemosche. Attraversano una boscaglia fitta fitta e poi sbucano fuori in una pianura dove scorre un grande fiume pieno d'acqua. Non ne possono più di correre come se scappassero.

"Millemosche, aspettaci!"

"Se ci aspetti non ti facciamo niente."

Millemosche invece continua a correre, punta diretto verso il fiume, passa in mezzo a un canneto, sbuca fuori dall'altra parte e finalmente si butta in acqua con un gran tuffo.

"Aiuto che affogo! Non so nuotare! Aiuto! Salvatemi subito!"

Pannocchia e Carestìa si fermano vicino all'acqua, guardano Millemosche che va sotto con la testa, poi ricompare in superficie e fa andare i bracci per tenersi a galla, poi va sotto di nuovo. Su e giù. Non sanno proprio che cosa fare.

"Ma perché ti sei buttato se non sai nuotare?"

"Non lo sapevo!"

"Adesso che cosa facciamo?"

"Aiuto aiutatemi!"

"Bisognerebbe salvarlo."

"Prova a buttarti."

"Non so nuotare, non ho mai nuotato in vita mia."

"E allora come fai a sapere che non sai nuotare se non hai mai nuotato? Prova."

"Prova tu."

"Io ho provato una volta e sono affogato."

"E com'è che sei vivo allora?"

"Perché mi hanno salvato."

"Allora buttati che dopo io ti salvo."

"Non mi fido. Buttati tu che dopo ti salvo io."

"Se tu non ti fidi di me perché io dovrei fidarmi di te?"

"Begli amici che siamo! Prima lasciamo affogare Millemosche e poi ci lasciamo affogare tutti e due anche noi. Degli amici così mi fanno schifo."

Millemosche invece non affoga perché riesce a aggrapparsi per miracolo a un tronco che galleggia sull'acqua. Ci monta a cavallo lasciandosi trascinare dalla corrente. Un vero cavaliere si vede anche quando sta a cavallo di un tronco d'albero, c'è poco da fare. Millemosche sta impettito, con la schiena dritta e le mani attaccate a due rametti come alle briglie, e cerca di guidare il tronco verso la riva. Però con un vero cavallo, con gli zoccoli piantati sulla terra, le cose andrebbero, in modo diverso. In acqua Millemosche deve accontentarsi di stare a galla e andare dove va il tronco.

Pannocchia e Carestìa sono stramorti di stanchezza e fanno fatica a tenergli dietro camminando lungo la riva. Inciampano nei sassi e nei cespugli, si perdono in mezzo alle canne e si strappano la pelle sui rovi. Man mano che vanno avanti gli sembra perfino che il fiume cammini in salita, ma lo sanno benissimo che è un effetto della stanchezza. Chiamano Millemosche che corre sempre più veloce sull'acqua a cavallo del suo cavallo di legno.

"Fermati Millemosche! Cerca di fermarti!"

"Non ci riesco!"

"Allora cerca di andare piano! Perché vai così forte?"

"Non sono io, è l'acqua!"

"Guarda che noi non ce la facciamo più a camminare. Guarda Millemosche che ti lasciamo andare."

"Delinquenti! Se mi lasciate morire non vi guardo più in faccia per tutta la vita."

Continuando a chiamarsi e a litigare, Pannocchia e Carestìa camminano ancora per ore e ore lungo il corso del fiume. Vedono il sole che tramonta e l'alba li ritrova che stanno ancora camminando dietro a Millemosche che alla fine si addormenta sul suo cavallo di legno.

 


Дата добавления: 2018-02-28; просмотров: 322; Мы поможем в написании вашей работы!

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