FRA GUIDONE ECCETERA ECCETERONE 4 страница



"Sia lodato chi?"

"Dio."

"Va bene sia lodato, su questo siamo tutti d'accordo. E dopo?"

Il frate guardiano ha un momento di dubbio, non su Dio ma su questi tre frati straccioni con gli occhi fuori dalla testa e la testa fuori dalla grazia di Dio. Ma sono sempre frati, secondo lui, e li fa entrare. Invece sono Millemosche Pannocchia e Carestìa che si vanno a mettere in un angolo del cortile.

"E adesso che cosa facciamo?"

"Aspettiamo che suoni la campanella."

"E dopo?"

"Dopo si mangia."

"E se non suona?"

"È segno che si è rotta."

"Ma allora se si è rotta non si mangia."

"Non lo so se si è rotta. Forse no."

"Perché hai detto forse?"

"Che cosa devo dire?"

"Devi dire che non si è rotta di sicuro."

"Va bene sono sicuro che non si è rotta."

"Allora possiamo stare tranquilli?"

"Forse."

"Non dire forse."

"Allora non dico niente."

"Meglio niente che forse."

 

UN SACCO PIENO DI BARBA

 

Il convento era un convento così sperduto in mezzo alle montagne che nessuno sapeva che ci fosse. Per vederlo bisognava arrivare davanti alla porta, proprio come sono arrivati per caso Millemosche Pannocchia e Carestìa. Lo avevano fondato dei frati che si erano persi in mezzo alla boscaglia, ma un giorno era arrivata la peste e se li era portati via tutti. Così il convento restò chiuso e abbandonato per cento anni e più. Lo scoprirono per caso dei frati randagi che venivano dall'Oriente e li guidava Fra Guidone che era il più grande frate del Medioevo.

Dopo la sua morte ogni tanto dal convento partiva un frate per andare a Roma a parlare con il Papa e chiedergli di santificare Fra Guidone, ma nessuno di questi frati era mai ritornato indietro. I frati erano sicuri che un bel giorno Fra Guidone sarebbe andato a finire sugli altari in mezzo a tutti gli altri Santi e avrebbe avuto anche lui il suo giorno sul calendario.

Tanto per incominciare Fra Guidone faceva le prediche cantando. E infatti aveva la più bella voce di tutti i frati e di tutti i preti della terra. Aveva anche composto molte cantilene che incominciavano tutte con un verso della Bibbia e finivano con Cristo Rex et Domine cioè nostro re e padrone eccetera ecceterone. Componeva il canto e il controcanto. Era il migliore cantore sia nel canto fermo sia in quello melodiato e cioè con la voce piena di variazioni e infatti delle volte finiva la predica gridando eccetera ecceterone con voce ferma e a volte invece usava la voce melodiata, con la E finale prima aperta poi chiusa poi acuta come se fosse una I e in ultimo con una E grave lunghissima che si sfibrava nell'aria. Cantava benissimo anche quando aveva il raffreddore. Da giovane cantò con tanta dolcezza che una monaca cadde giù dalla finestra e altre volte caddero dei bambini e dei vecchi e così Fra Guidone smise di cantare nelle piazze di paese e radunava la gente in aperta campagna. Cantava anche in falsetto.[8] Tra l'altro fischiava così bene che gli uccelletti lo stavano a sentire. Se fischiava da merlo arrivavano in convento tutti i merli e così gli usignoli se fischiava da usignolo, oppure squittiva come le rondini e un inverno arrivò da lontano una nuvola di rondini che oscurò il cielo e coprì di escrementi il convento.

Quando cantava Fra Guidone veniva gente da tutte le parti. C'erano campagnoli con dei ramoscelli d'albero in mano e c'erano tanti bambini con le candele. Fra Guidone saliva su una torre di legno e cantava. Vicino a lui c'era un gonfalone bianco che indicava da quale parte soffiava il vento e così la gente si metteva sottovento altrimenti il canto se ne andava tutto dall'altra parte e si perdeva nelle valli dove non c'era nessuno. Il momento più alto era quando Fra Guidone si copriva la testa con un cappuccio e il suo canto era diretto soltanto a Dio. Nel silenzio il gonfalone[9] bianco sventolava verso l'alto come se ci fosse un vento speciale che soffiasse da sottoterra e tirasse verso il cielo tutte le cose insieme al canto di Fra Guidone. E infatti volavano le foglie, si allungavano le fiammelle delle candele, volavano i cappelli e si drizzavano i capelli della gente e si alzava anche tutta la polvere che c'era in giro. Era proprio quando Fra Guidone aveva la testa dentro al cappuccio che succedevano i miracoli. Per esempio un contadino che aveva un reumatismo al braccio destro e non poteva più lavorare gli era andato il reumatismo nel braccio sinistro. Una donna che aveva una gamba più corta dell'altra gli erano diventate corte tutte e due e dopo camminava benissimo. Un bambino che balbettava e faceva ridere tutti era diventato muto e non faceva più ridere nessuno.

Quando Fra Guidone si tirava su il cappuccio e finiva la predica con una cantata finale, la gente gli correva intorno strappandogli i peli della barba da portare a casa come reliquie. E allora Fra Guidone per evitare che gliela strappassero, un giorno si era portato dietro un paio di forbici e si era tagliato la lunga barba per dare un ciuffetto a tutti quelli che glielo chiedevano. Purtroppo si alzò un vento fortissimo e portò via tutta la barba e il frate si arrabbiò molto e pestò i piedi e decise di non cantare più. Si chiuse nella sua cella del convento e tutte le mattine cominciò a tagliarsi la barba e a metterla in un sacco.

Appena il sacco fu pieno, lo chiuse con lo spago e aspettò di morire. Infatti morì subito dopo e i frati del convento vissero per molti anni scambiando i peli della barba di Fra Guidone con roba da mangiare, specialmente maiali e farina di grano.

Naturalmente con il passare del tempo la barba miracolosa di Fra Guidone cresceva di valore e al mercato si contrattava il bestiame con i ciuffetti di barba invece che con le monete d'oro e d'argento. Ma c'erano anche quelli che si tenevano il loro ciuffetto di barba in casa o sotto i vestiti e non volevano darlo via a nessun prezzo perché i miracoli non hanno prezzo. Ma fra tutti i miracoli di Fra Guidone quello più miracoloso era il sacco di barba sempre pieno. Per quanta barba vendessero i frati, il sacco era sempre pieno. E un altro fatto che ha del miracolo è che la barba dei frati di questo monastero non cresceva mai. Forse per rispetto alla barba di Fra Guidone o forse per un'altra ragione eccetera ecceterone.

Millemosche Pannocchia e Carestìa stanno lì a ascoltare le storie di Fra Guidone, quando arriva il suono di una campanella e allora saltano in piedi e vanno dove vanno tutti gli altri frati, cioè sotto una loggia dentro una porta lungo un corridoio giù per una scala avanti per un altro corridoio e a un certo punto Carestìa incomincia a preoccuparsi e a fare delle domande a Millemosche.

"Dove andiamo?"

"Nel refettorio."

"Che cos'è?"

"Il posto dove mangiano i frati."

"Se hanno un posto fatto apposta per mangiare è segno che mangiano spesso."

"I frati mangiano tutti i giorni."

"Mi dispiace che non so il latino se no mi farei frate subito."

"La vita del frate è la più bella che ci sia però bisogna averci la vocazione."

"Che cos'è?

"Una cosa strana che può venire a chiunque sia."

"Anche a noi?"

"A tutti."

"E come fa uno a capire se ha la vocazione?"

"Questo non lo so ma credo che quando uno ce l'ha se ne accorge, come la fame."

"La fame è facile perché ti prende allo stomaco e alla pancia."

"La vocazione ti prende alla testa. Credo che ti incomincia a girare la testa e allora dici mi faccio frate mi faccio frate."

"Ecco che mi gira la testa."

"È la fame."

"Come fai a saperlo? Secondo me invece è proprio la vocazione."

"Hai voglia di farti frate?"

"Sì."

"Adesso mangiamo e se dopo mangiato ti gira ancora la testa è segno che hai la vocazione. Allora ti fai frate."

"E voi?"

"Ci facciamo frati anche noi. Una vocazione basta per tutti e tre."

Il priore si mette a capotavola e tutti gli altri si dispongono attorno a lui. Poi arriva il cuoco del convento e mette una scodella davanti a ciascuno e a tutti quanti. Millemosche Pannocchia e Carestìa guardano subito se dentro la scodella c'è qualcosa da mangiare e invece sono vuote. Il frate priore si mette a leggere a voce alta un passo del Vangelo in latino et cum fecisset mescolando le parole quasi flagellum de funicolis come in una minestra o minestrone omnes eixit de tempio mentre i frati si mettono a masticare e a fare scricchiolare i denti oves quoque et boves. Millemosche e gli altri due incominciano a innervosirsi. Carestìa guarda Pannocchia, Pannocchia guarda Millemosche, Millemosche guarda Carestìa e tutti e tre guardano le scodelle vuote poi guardano il soffitto poi tornano a riguardarsi e intanto gli ronzano nelle orecchie quelle parole latine che sembrano una gran minestra o minestrone. Poi la voce del priore tace e tutti si mettono a pregare in silenzio. A questo punto Millemosche si fa coraggio e si rivolge al frate che gli sta vicino.

"Fratello frate, scusate tanto ma la mia scodella è vuota, come si spiega? Non ci sarebbe qualcosa da mettere sotto i denti e dentro lo stomaco?"

"Stiamo facendo un digiuno di una settimana perché San Guidone ci faccia trovare sempre il sacco pieno."

"Ma la barba cresce di più mangiando di più."

"Cresce di più la nostra ma non la sua."

"Ma la sua come fa a crescere se è morto?"

"Con le preghiere e con il digiuno."

Pannocchia e Carestìa si tappano le orecchie per non sentire parlare di digiuno. Millemosche se le vorrebbe tappare anche lui ma non fa in tempo perché tutte le cose si mettono a girare, compresi i frati e Pannocchia e Carestìa e il priore e sente un gran ronzio nell'aria e dei fischi come se fosse cascato dentro la buca di un vulcano.

 

IL MIRACOLO DEL PORCO

 

Millemosche Pannocchia e Carestìa si svegliano che sono ancora addormentati. Fanno fatica a aprire gli occhi e anche la bocca il naso e tutto il resto. Finalmente si mettono in piedi e sono ancora nel refettorio. Annusano l'aria, si guardano attorno perché non ci credono e invece è proprio odore di salsicce di porco.

"Però è un odore vecchio."

"Mica tanto. Al massimo sarà di quattro o cinque giorni."

"A quest'ora se lo saranno mangiato tutto."

"Di che cosa stai parlando?"

"Del porco."

"Bisognerebbe sapere dove lo hanno preso. Forse ce n'è un altro."

"Fra Guidone fa i miracoli. Perché non gli chiediamo un porco anche noi?"

"Allora è meglio che lo chiediamo direttamente a Dio. Tanto Fra Guidone dipende da Dio anche lui."

"Io non so se si può parlare di porci con Dio."

"Che cosa ti credi? Dio è uno come noi. Possiamo chiedergli quello che vogliamo. Se ci mettiamo in tre a dirgli facci trovare un porco facci trovare un porco, io dico che deve starci a sentire per forza."

Arrivano nell'orto dove i frati camminano pregando e camminando formano un cerchio come se fosse una cerimonia una penitenza o un girotondo. I tre si mettono a pregare anche loro facci trovare questo porco facci trovare questo porco. E già che ci sono ne chiedono due e Carestìa ne chiede tre, uno per uno. Però litigano su questo fatto finché decidono che per stare sul sicuro bisogna chiederne solo uno tutti e tre insieme. Così vanno avanti e indietro per l'orto e intanto danno delle occhiate in giro per vedere se il Signore si decide a far comparire il porco.

Millemosche e Carestìa vanno avanti a pregare mentre Pannocchia resta indietro di qualche passo perché ha sentito qualcosa che assomiglia a un grugnito. Quasi quasi non crede alle sue orecchie e quando si volta non crede ai suoi occhi vedendo in mezzo alle foglie una cosa che assomiglia alla testa di un porco. Lascia andare avanti gli altri due e poi si mette a strisciare in mezzo all'erba gattoni gattoni[10] con gli occhi fissi sull'animale senza accorgersi che intanto ha messo male le mani e è caduto a testa in giù dentro a un tombino, ha battuto la fronte sul fondo di tufo e adesso è lì con la bocca aperta e gli occhi chiusi come se dormisse e invece non dorme, è come se fosse morto anche se non è proprio morto ma ci manca poco. Così quando Millemosche e Carestìa si voltano, Pannocchia non c'è più. Si trovano a faccia a faccia con il porco e si buttano subito in ginocchio.

"Che cosa vedi?"

"Vedo una Bestia che non ci credo."

"Che bestia?"

"Un porco."

"Allora si tratta di un miracolo."

"Se non succedono qui i miracoli dove vuoi che succedano?"

"E Pannocchia dov'è?"

"Come dov'è? Non c'è più, adesso c'è il porco."

"Il porco è una cosa e Pannocchia un'altra."

"Allora non hai capito niente. Succede ogni tanto per miracolo che un uomo viene trasformato in un gatto in un cane o in un altro animale. Questa volta in un porco, grazie a Dio."

"Trasformato per trasformato, meglio il porco."

"Il porco è il re degli animali."

"Veramente il re degli animali è il bue."

"Sì ma subito dopo viene il porco."

"Guarda che dopo il bue viene la gallina."

"No no, viene il porco, non c'è confronto."

I due seguono il porco che cammina fra i cespugli dell'orto. Millemosche ogni tanto chiude gli occhi e poi li riapre perché non ci crede. Carestìa invece li tiene bene aperti perché non si sa mai che il porco può scomparire da un momento all'altro come è già successo altre volte che basta chiudere gli occhi un momento e quando li riapri il porco non c'è più. Allora meglio ammazzarlo subito senza perdere tempo.

"Ma non sarà che ammazzando il porco ammazziamo il nostro amico Pannocchia?"

"Ma cosa dici? Noi ammazziamo un porco e basta. Il destino del porco è quello di essere mangiato, su questo non si discute."

"E l'anima?"

"Il porco l'anima non ce l'ha."

"Io dico quella di Pannocchia."

"Secondo me non ce l'ha neanche lui."

"Ce l'ha, ce l'ha."

"L'anima non la mangiamo, quella la lasciamo andare dove vuole lei."

 

IL CONTROMIRACOLO

 

Millemosche e Carestìa spingono il porco verso una scaletta di pietra che porta dove sono le celle. Poi uno per le orecchie e l'altro per la coda lo tirano su gradino per gradino e lo fanno entrare dentro la prima porta che trovano. E lì continuano la discussione sul porco che si è accovacciato in un angolo e li guarda con gli occhietti rossi. Carestìa corre da qualche parte a cercare un coltello o un altro arnese qualsiasi basta che abbia una lama e possibilmente anche un manico, mentre Millemosche si siede a terra vicino al porco e lo guarda in faccia come si guarda una persona umana. Gli occhi del porco gli sembrano quelli di Pannocchia e anche le orecchie e anche il muso è quasi uguale. Il naso un po' meno con quei due buchi tondi uno vicino all'altro. Poi il porco fa un grugnito e a Millemosche gli sembra proprio di avere sentito la voce di Pannocchia. Carestìa gli mette in mano un coltello.

"Che cosa devo fare?"

"Lo ammazzi."

"Ti rendi conto che questo è il nostro amico Pannocchia?"

"Amico per modo di dire. Vorrei vederlo al nostro posto. Ci avrebbe già mangiati tutti e due."

"Sì, forse hai ragione. Ma io adesso non posso, mi ha guardato in un modo strano. Tieni il coltello e ammazzalo tu per primo che dopo lo ammazzo io."

Carestìa riprende in mano il coltello e lo punta alla gola del porco. Poi chiude gli occhi. Anche Millemosche si è tappato gli occhi per non vedere. Quando li riaprono si accorgono che la punta della lama non è entrata nemmeno di un centesimo nella cotica[11] dell'animale. Carestìa ridà il coltello a Millemosche.

"Io spingo ma la forza non arriva al braccio. Si .ferma tutta qui nella giuntura della spalla."

"Se fosse un cristiano lo ammazzerei come niente ma una bestia non me la sento."

"È una bestia per modo di dire."

"Se è Pannocchia ancora peggio."

"Ma non hai detto che un cristiano lo ammazzi come niente?"

"Sì ma un nemico. In battaglia e in duello ne ho fatti fuori a centoni. Ma devo essere arrabbiato. Così a freddo non me la sento."

"E allora cerca di arrabbiarti."

Millemosche cerca di arrabbiarsi ma non ci riesce. Allora mettono via il coltello e decidono di buttarlo giù dalla finestra così si ammazza da solo e buonanotte. Prendono su il porco sotto la pancia e lo alzano fino al finestrino della cella. Prima infilano la testa ma il corpo fa fatica a passare e lo devono spingere con le mani e con i piedi. Finché riescono a farlo precipitare nell'orto, sulla testa di un povero frate che stava passando lì sotto e che si schiaccia a terra come una ricotta. Il frate è Pannocchia. Si era appena tirato fuori dal tombino e adesso è di nuovo a terra schiacciato come una ricotta. Quando sta per rialzarsi e mettersi ancora una volta in piedi ecco che gli arrivano addosso Carestìa e Millemosche che cercano il porco e invece trovano Pannocchia.

"Che cosa fai qui? Ritorna porco subito!"

"Io sono Pannocchia."

"E non fare finta di non capire. Ritorna porco che sarà meglio per te."

"Guarda che siamo capaci di mangiarti lo stesso."

Pannocchia si lamenta e cerca di rimettersi in piedi ma Carestìa e Millemosche non vogliono. Gli danno calci e spintoni e vogliono farlo camminare a quattro zampe come un porco, senza ormai curarsi se i frati li vedono o li sentono. Continuano a dirgli ritorna porco che sarà meglio per te. E Pannocchia niente ma a un certo punto si alza e si mette a scappare zoppicando perché ha visto all'ingresso del convento tre frati e sono quelli che loro hanno spogliato nel bosco.


Дата добавления: 2018-02-28; просмотров: 1224; Мы поможем в написании вашей работы!

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