FRA GUIDONE ECCETERA ECCETERONE 3 страница



Camminano per la strada con tutto questo peso sulle spalle, completamente nudi e circondati da una nuvola di mosche e di calabroni selvaggi. Ogni tanto guardano per terra e si chinano a raccogliere tutto lo sterco che gli capita sotto gli occhi. Smuovono con le mani e coi piedi le erbe e i cespugli. Ogni volta trovano qualcosa. In una radura vedono degli escrementi di pecora che sembrano delle olive nere e incominciano a riempire anche le calze. C'è una lunga fila di queste olive nere che si inoltra in un bosco e si allunga in una pianura spinosa. Fanno notte a raccogliere e quando anche le calze sono piene fanno dei mucchietti qua e là. Passeranno a prenderli domani. Adesso si accovacciano a terra per dormire ma invece di dormire parlano, fanno progetti. Poi si coprono i piedi con le olive nere perché è dai piedi che viene il freddo e va su per la schiena fino alla testa.

La mattina dopo si mettono a cercare i mucchietti di olive nere ma l'odore dello sterco che si portano addosso gli confonde le idee. Annusano l'aria come cani da tartufi ma poi si leva il vento e fa una gran confusione di odori e così vanno a finire lontano, in un prato verde. Qui c'è una gran puzza e infatti Millemosche ha messo i piedi su una grossa pagnotta di sterco secco di fuori e fresco di dentro.

"Questa l'ha fatta una mucca."

"Non può essere. Quella di mucca è meno della metà."

"Allora di chi è?"

"Può essere di un cinghiale."

"Quella di cinghiale è a torciglione."[6]

"Sarà di bufala."

"Quella di bufala da sul nero. Questa da sul biondo."

"E allora?"

"Ho sentito dire che in mezzo alle boscaglie ci sono certi animali che non stanno né in cielo né in terra."

"Che tipo di animali?"

"Non li ho mai visti ma se c'è lo sterco ci saranno anche loro."

Millemosche Pannocchia e Carestìa raccolgono queste grosse pagnotte bionde e le ammucchiano una sull'altra, ma a un tratto Carestìa si ferma sui piedi impaurito. Ha visto l'orma di un animale, larga e profonda. La studiano attentamente tutti e tre. È quasi quadrata e da una parte ci sono dei fori rotondi lasciati forse dagli artigli. Vanno dietro a queste orme finché arrivano su una sponda rocciosa dove si apre una caverna. Questo animale terribile che abita lì dentro. Pannocchia propone subito di scappare lontanissimo. E se invece fosse una bestia bonacciona e con la carne tenera e saporita? Millemosche dice che più le bestie sono grosse e più si lasciano ammazzare. Allora ammucchiano della legna e degli sterpi davanti alla caverna e accendono un fuoco.

"Così quando esce casca dentro le fiamme e ce lo troviamo già arrostito."

"In che senso?"

"Nel senso che per uscire deve passare per forza di qua dove abbiamo acceso il fuoco."

"E se ci fosse un buco dall'altra parte?"

"Le grotte hanno solo il buco davanti."

"Io ne ho vista una che aveva un buco davanti e un buco di dietro."

"Il buco di dietro ce l'avrai tu nella testa." Sono lì che aspettano con pazienza. Aspettano ancora. Continuano a aspettare. Aspettano. Allora dentro la caverna forse non c'è nessuna bestia. Invece c'è e viene fuori improvvisamente con un ruggito calpestando il fuoco e saltando in mezzo ai cespuglioni di ginepro con la groppa infuocata. Chi ha visto un occhio chi un corno chi soltanto una montagna di peli infuocati. Ma allora che bestia è? Millemosche e gli altri due si buttano a inseguirla e mentre corrono sentono dei lamenti e dei ruggiti che fanno tremare la terra e i sassi. E allora si fermano e decidono che è meglio starci lontani da una bestia così perché chi ha fame corre sempre il rischio di essere mangiato.

 

LA TERRA DA DOVE VIENE

 

Da dove vengono tutti quei sassi rossi e azzurri e verdi che ci sono nei fiumi? Vengono dalle montagne. C'è una spiegazione per tutte le cose, basta trovarla. E i colori da dove vengono? Quello dev'essere Dio quando si diverte e dice questo sasso lo faccio rosso e questo verde e questo un po' verde e un po' rosso, a righe. Equesti li faccio a punta così quelli che ci camminano sopra si fanno male ai piedi. E infatti Millemosche Pannocchia e Carestìa se la prendono con lui per il male di piedi, perché secondo loro la colpa è sua.

Vanno avanti scalzi sui sassi sguaiolando come dei cani e ogni tanto tirano su uno dei piedi e ci soffiano sopra per mandare via il bruciore.

"Certo che i piedi sono un disastro. Sarebbe meglio non averceli."

"Giusto. Se uno non hai i piedi non ha nemmeno il mal di piedi."

"A me piacerebbe non avere la pancia così non avrei più fame."

"E la schiena? A che cosa serve? Solo per avere il mal di schiena. Anche quella sarebbe meglio non avercela."

"Anche lo stomaco allora."

"E i ginocchi?"

"A me sono i pensieri che mi disturbano.

Penso troppo e poi mi viene il mal di testa. Mi piacerebbe non averci la testa."

"Sarebbe bello non averci niente."

Non è che nei fiumi ci sono solo i sassi, c'è per esempio anche la sabbia e lungo le sponde dove la terra dei campi si mescola con l'acqua c'è una fanghiglia che con il sole screpola e in mezzo alle croste si vedono le impronte indurite degli uccellacci che venivano a bere quando ancora c'era un po' d'acqua. Camminare con i piedi nudi sul fango secco è una bellezza se uno ha camminato fino a quel momento sui sassi a punta. Poi il fango secco diventa polvere e camminare sulla polvere è una bellezza dopo che uno ha camminato sul fango secco. Ma quando la polvere diventa troppa e i piedi affondano fino ai ginocchi, allora non è più una bellezza. È un disastro.

Millemosche Pannocchia e Carestìa fanno tre solchi nella polvere e forse farebbero meglio a ritornare indietro a un certo punto, ma non sanno più da che parte voltarsi perché si è levato il vento e adesso la polvere entra negli occhi nella bocca nelle orecchie e in tanti altri posti.

"Chissà da dove viene tutta questa polvere."

"Perché deve venire da qualche parte? Quando cammini sulla terra te lo domandi da dove viene la terra?"

"Io sì."

"E da dove viene la terra?"

"Non te lo dirò mai."

Per fortuna la polvere scompare d'improvviso, forse il vento se l'è portata via. Millemosche Pannocchia e Carestìa si trovano finalmente in mezzo a una campagna con tanta erba davanti dove non c'è mai passato nessuno, né uomo né bestia. E uno non sa se andare a sinistra o a destra o al centro perché tutte le strade sembrano buone e invece sono proprio quei posti dove c'è bisogno di sapere dove stai andando. Allora vai avanti a caso come stanno facendo Millemosche Pannocchia e Carestìa.

"Ma dove stiamo andando?"

"Non lo so."

"E già, stiamo facendo una fatica da cani e non sappiamo nemmeno dove andiamo."

"Io dico che se camminiamo stiamo andando in qualche posto."

"Dove?"

"Io non sono pratico di qua. Come faccio a saperlo? Però insisto a dire che se camminiamo vuol dire che stiamo andando in qualche posto."

"Ma almeno dimmi se è molto lontano questo posto. Io non ce la faccio più a camminare."

"Come posso sapere quanto è lontano se non ci sono mai stato?"

"La questione è un'altra: c'è da mangiare in questo posto dove stiamo andando?"

"Lo sapremo quando ci saremo arrivati."

Proprio in quel momento si sente tremare la terra e ci sono nell'aria dei tuoni che fanno tremare anche l'aria. E allora i tre si mettono a correre per scappare da questo terremoto se si tratta di un terremoto o da questa tempesta se si tratta di una tempesta. Finché arrivano a una strada di campagna che si vede e non si vede in mezzo all'erba. Ci sono le orme dei buoi e il solco delle ruote. Millemosche Pannocchia e Carestìa si fermano sfiniti e siccome la terra continua a tremare si stringono l'uno all'altro per stare insieme casomai ci fosse da sprofondare sottoterra. E stando così stretti finalmente si accorgono che tutto quel tremore e quei rumori vengono dalle loro pance. Allora si scostano e si guardano spaventati, poi guardano il cielo sereno e silenzioso.

Millemosche e Carestìa riprendono a camminare lungo la strada mentre Pannocchia si mette a sedere perché deve togliersi una spina da un piede. La cerca con gli occhi e con le mani, poi fa segno agli altri due di aiutarlo. Li fa sedere e loro si siedono, ma adesso che sono seduti ci stanno meglio che in piedi e non hanno più voglia di alzarsi.

"Perché non ci fermiamo qui?"

"E poi cosa facciamo?"

"Aspettiamo."

'"Chi aspettiamo?"

"Non lo so. Quando arriva lo sapremo."

"Perché non gli andiamo incontro?"

"A chi?"

"Non hai detto che sta per arrivare qualcuno?"

"Sì, ma non so chi è, quindi è meglio che lo aspettiamo. Altrimenti come facciamo a riconoscerlo?"

"Glielo possiamo domandare."

"La questione è un'altra: ci darà qualcosa da mangiare questo tipo che sta arrivando? Oppure è uno affamato come noi?"

"Come faccio a dirtelo se non lo conosco?"

 

LA PESTE DIETRO LA CURVA

 

A pochi passi da dove sono seduti Millemosche Pannocchia e Carestìa si vede una curva che gira dietro a un canneto. Però il canneto non ha importanza, quella che conta è la curva. Anche se girasse dietro a una roccia o a una collina, da una curva facilmente può arrivare qualcuno, cioè un uomo o anche un animale o chissà chi. Se la curva è in Africa può arrivare una tigre ma per fortuna non siamo in Africa. Sarebbe un disastro se arrivasse una tigre. Con un po' di fortuna potrebbe arrivare invece un carro carico di roba da mangiare ma di quelli ne passeranno cinque o sei in tutto il Medioevo e quindi è meglio non pensarci proprio. Il più delle volte da una curva non arriva niente e nessuno. Poi magari quando uno non se lo aspetta arriva la peste. Una volta è arrivato il Papa. Così Millemosche Pannocchia e Carestìa, mentre si grattano i piedi e se li massaggiano con lo sputo, ogni tanto danno un'occhiata alla curva. Non si sa mai. E finalmente, a forza di guardare arrivano tre frati. Sono stracciati e rattoppati, camminano curvi in avanti come se spingessero qualcosa e invece spingono soltanto l'aria. Millemosche e gli altri due si alzano in piedi e aspettano che i frati gli arrivino fra i piedi.

"Meno male che siete arrivati, fratelli frati."

"Perché?"

"Siamo nudi e scalzi e affamati."

"Il digiuno è la giusta penitenza per i peccatori."

"E chi sarebbero questi peccatori?"

"Tutti gli uomini di questo mondo."

"Però un peccatore vestito è un po' meglio di un peccatore nudo scalzo e affamato. Perché non ci date i vostri vestiti?"

"I nostri vestiti sono benedetti. Non possono essere usati da gente profana."

"Intanto a noi gente profana non ce l'ha mai detto nessuno. E poi tutto sta a vedere se ci vanno come misura. Fateci provare."

"La regola non ce lo permette. Siamo frati e dobbiamo osservare la regola."

"Ma noi per fortuna non siamo frati e non dobbiamo osservare niente."

I frati cercarono di continuare per la loro strada ma Millemosche Pannocchia e Carestìa non li lasciano passare. Vediamo come la mettiamo. Carestìa incomincia a frugare dentro a una sporta dei frati che sembra piena di roba da mangiare e invece è piena di ciuffetti di barba. Rovescia la sporta sull'erba per vedere se almeno sotto la barba c'è qualcosa da mangiare e allora i frati si arrabbiano e si mettono a raccoglierla perché si tratta di una reliquia[7] di Fra Guidone. E intanto che cercano la barba in mezzo all'erba e alla terra, Millemosche vorrebbe almeno le scarpe già che i vestiti non si può. Il frate anziano dice di no ma poi dice di sì e alla fine anche gli altri due frati sembrano persuasi a dare le loro scarpe ai tre straccioni, basta che dopo li lascino andare in pace. Va bene. Ma quando si tirano su le tonache c'è questo, che sono tutti e tre scalzi. Millemosche Pannocchia e Carestìa restano lì a guardare i piedi nudi dei frati, li toccano, si rendono conto che questa volta sono stati gabbati. Gabbati per gabbati, quando i frati stanno per andarsene gli saltano addosso e gli levano le tonache e tutto il resto, anche qualche pezzetto di pelle.

 

US UM IBUS ORUM

 

Lungo una strada piena di sassi cammina una fila di gente impolverata. Strisciano i piedi per terra. Vengono da chissà dove. Davanti ci sono degli storpi che arrancano tenendosi a dei bastoni. Altri si trascinano a quattro zampe grattando il terreno con le unghie. E dopo gli storpi alcuni cardinali vestiti di rosso con la faccia e le mani di cera e dietro ai cardinali un gruppo di soldati e dietro ai soldati una portantina fatta di vimini intrecciati, con tende bianche e l'ombra piccola e rannicchiata del Papa nell'interno. E dietro la portantina gente che cammina in ginocchio e altra che cammina in piedi. Straccioni e anche qualche principe isolato con una candela in mano.

Dove va il Papa? Chi vuole incontrare? Nessuno lo sa perché lui non dice niente a nessuno. Ogni tanto gli storpi si fermano e anche la portantina si ferma per concedere un po' di riposo ai portatori.

Mentre il corteo è fermo e i tre frati sono lì in ginocchio, un cardinale vestito di rosso li avvicina per soddisfare un desiderio del Santissimo Padre il Papa. I tre frati e cioè Millemosche Pannocchia e Carestìa ascoltano con spavento la voce del cardinale.

"Sua Santità chiede di essere confessata da uno di voi."

"Quale Santità?"

"Sua Santità il Papa. È un grande onore che vuole concedere al più umile di voi tre."

La paura è tale che sulla polvere della strada si formano tre piccole pozzanghere, una sotto Millemosche una sotto Pannocchia e una sotto Carestìa come se si fossero fermati tre cavalli.

"Il più umile sei tu."

"No no, io non sono umile."

"Neanch'io."

"Ma come? Siete affamati e più umili di così non si può."

"Anche tu sei affamato e come noi."

"Ma io avevo un cavallo prima di farmi frate. E poi sono superbo. Non sono degno di confessare il Papa."

La voce severa del cardinale li interrompe e li invita a decidere. Allora Millemosche si gira verso i due e incomincia a fare la conta. An dan des che te mane puta pes, an dan des. La mano si ferma su Pannocchia che scatta in piedi e scappa chissà dove. Anche Carestìa si alza per scappare ma Millemosche lo tiene giù in ginocchio e rifà la conta. An dan des che te mane puta pes, an dan des. Tocca a Carestìa ma anche lui con un salto si libera da Millemosche e scappa chissà dove. Millemosche guarda un momento il cardinale che assiste alla scena a bocca aperta, poi si alza e lentamente si avvicina alla portantina.

Con le mani che gli tremano, Millemosche scotta la tenda e infila la testa in mezzo ai tendaggi per sentire la confessione del Papa. Ma non apre gli occhi per la paura e la vergogna e resta lì in un'aria che sa d'incenso e di altre cose. E intanto sente la voce umida del Papa che dice tante parole che finiscono in us um ibus orum. E lui non capisce e resta dentro con la testa a farsi intontire da quel ronzio che non finisce mai. Poi sente una mano fredda che gli si appoggia sulla testa e altre parole misteriose nelle orecchie e dei baci umidi sulle mani e in ultimo una spinta sulla fronte per cacciarlo fuori dal finestrino.

Il corteo degli storpi con tutti gli altri dietro torna a muoversi cantilenando nella direzione del vento. Millemosche resta con gli occhi chiusi anche dopo, quando non c'è più nessuno, finché gli vengono vicino Pannocchia e Carestìa. Allora apre gli occhi e cerca di parlare ma gli escono solo delle parole che finiscono in us um ibus orum.

 

FRA GUIDONE ECCETERA ECCETERONE

 

Millemosche Pannocchia e Carestìa attraversano i campi inciampando nelle tonache e facendosi lo sgambetto e cadono a terra e si rialzano e riprendono a camminare senza protestare tanto sanno benissimo che ormai le gambe stanno in piedi per miracolo. La fame fa di questi scherzi e anche peggio come per esempio le nuvole che prendono la forma di bistecche. Se invece guardano per terra allora i sassi somigliano alle salsicce. A un tratto si mettono tutti e tre a correre dietro a un uccello che vola basso e quando lo hanno preso e pulito dalle penne, pronto per essere mangiato, si accorgono che era una farfalla e che nelle loro mani c'è soltanto un pizzico di polvere. Allora è meglio niente piuttosto che mangiare una farfalla. Guai a stuzzicare la fame. Tu mangi una farfalla o una cavalletta credendo di calmarti e invece ti accorgi che lo stomaco si mette a urlare e a rotolarsi per terra perché vuole tre bistecche una gallina due uova e una pera cotta. Siccome Millemosche queste cose le sa a memoria, come vede quattro o cinque ghiande per terra gli da un calcio per non farsi venire la tentazione di raccoglierle.

"Le ghiande sono roba per i porci."

"Quali porci?"

"Non lo so."

"Dove sono andati? Se ci dici da che parte sono andati gli corriamo dietro."

"Ma di chi stiamo parlando?"

"Dei porci."

"Quali?"

"Quelli che sono scappati."

"E dove sono andati?"

"Non lo so, sei tu che devi dircelo."

Ma Millemosche non dice niente perché non lo sa neanche lui da che parte sono andati i porci. Se lo sapesse lo direbbe ma adesso ha in testa una gran confusione e in questi casi lui chiude la bocca e va avanti perché sa che andando avanti si arriva sempre da qualche parte. E infatti arriva davanti alla porta di un convento e dice ecco che siamo arrivati davanti alla porta di un convento. Ma Carestìa non ci crede fino a quando la porta si apre e compare la faccia del frate guardiano. Dio sia lodato.


Дата добавления: 2018-02-28; просмотров: 327; Мы поможем в написании вашей работы!

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