FRA GUIDONE ECCETERA ECCETERONE 10 страница



"E quando sei tutto bagnato per la pioggia un bel fuoco vale tanto oro."

"Quando nevica lo stesso, il fuoco è tutto."

"Secondo me quasi quasi il fuoco è meglio dell'acqua."

"Se ti dicessero che cosa vuoi, il fuoco o l'acqua, tu cosa prendi?"

"Io ci penso sopra un po' e poi prendo il fuoco."

"Anch'io."

"Secondo me il fuoco è la cosa più bella che ci sia al mondo."

Cercano di muoversi ma i piedi sono imprigionati nel fango. Non possono andare avanti e neppure ritornare indietro. Pannocchia si mette a muovere le mani e i bracci come se nuotasse.

"Che cosa fai?"

"Non posso muovere i piedi e allora muovo i bracci e le mani."

"Così non andrai avanti nemmeno di un passo."

"Non si sa mai."

"Maledetta l'acqua e chi l'ha inventata."

"Il fango."

"Allora maledetto il fango e chi l'ha inventato."

"Se stiamo qui ancora un po' finiremo per affogare nel fango, che gli venga la lebbra."

"Bisogna andare in qualche altro posto."

"Basta che non sia il paese dove ci volevano bruciare."

"Sei matto? Bisogna stare lontano da tutti i paesi. Anzi bisogna stare lontano da tutto."

"Allora perché non stiamo qui dove stiamo?"

"Ho paura che dovremo restarci per forza."

"Allora andiamo via. Per forza non mi piace."

"Incomincia tu che noi ti veniamo dietro." Con la volontà si muovono anche le colline e Millemosche infatti incomincia a muoversi, un piede alla volta. Pannocchia e Carestìa lo seguono. Dove vanno non lo sanno neanche loro ma lo sapranno quando saranno arrivati.

 

IL NOCE E LA NOCE

 

Un sole freddo da fine del mondo, qualche nuvola nel cielo e branchi di uccelli infreddoliti, qualche macchia di neve sulle montagne, un gran silenzio tutto intorno come se fosse passata la peste. Un prato verde. In mezzo al prato c'è un albero di noce e sotto l'albero di noce c'è Carestìa che osserva attentamente uno per uno i rami spogli. Millemosche, seduto su un sasso, tiene d'occhio Carestìa che osserva attentamente uno per uno i rami spogli.

"Che cosa guardi?"

"Se ci sono le noci."

"Come fanno a esserci le noci se non ci sono neanche le foglie?"

"Io delle foglie non so che cosa farmene, io cerco le noci."

"Se ci fossero le avrebbe già mangiate qualcuno."

"Siccome invece questo, qualcuno non le ha mangiate dovrebbero esserci."

"Forse non ci sono mai state e non le ha mangiate nessuno."

"Ma tu di chi sei amico mio o di nessuno?"

Millemosche gli dice che più amico di lui non c'è persona al mondo, poi si volta a controllare Pannocchia che sta in ginocchio in mezzo all'erba e alle foglie secche. È chiaro che sta cercando qualcosa ma per il momento ha trovato soltanto erba e foglie secche. Non è detto però che a forza di cercare non riesca a trovare una noce.

Ecco infatti che Pannocchia raccoglie qualcosa e si caccia la mano in tasca facendo finta di niente. Ma Carestìa lo ha visto e smette di guardare l'albero puntando gli occhi sulla tasca. Anche Millemosche lo ha visto. Si alza in piedi di corsa.

"Che cosa ti sei messo in tasca?"

"Non lo so."

"Come non lo sai? Io sono sicuro che hai trovato una noce."

"Forse."

"Guardaci, no?"

"Ci ho guardato."

"Che cos'è?"

"Una noce."

"E allora perché dici che non lo sai?"

"Uno si può sbagliare. Magari crede di avere trovato una noce e invece ha trovato un sasso."

"Fai vedere, così te lo diciamo noi se è una noce o un sasso."

"E se poi è un sasso?"

"Lo butti via."

"No, non ci sto. Se so di avere in tasca una noce mi sento meglio che se so di avere in tasca un sasso. Allora aspetto."

"Che cosa aspetti?"

"Aspetto un po'."

"Guarda che siamo in tre e se hai trovato una noce abbiamo diritto alla nostra parte anche noi."

"L'ho trovata io e decido io."

"A me aspettare è una cosa che mi fa andare in bestia."

"A me lo stesso."

"Va bene, se insistete la tiro fuori. Però dovete insistere molto."

Millemosche e Carestìa insistono molto e finalmente Pannocchia si decide. Tira fuori la mano dalla tasca e allunga il pugno chiuso verso i due che stanno aspettando con gli occhi aperti. Poi la mano si apre: è una noce.

"È una noce."

"E adesso che cosa facciamo?"

"Con una noce non si può fare niente. Stuzzica la fame e dopo è peggio di prima."

"Si butta via."

"Piuttosto che buttarla via è meglio darla a un poveraccio."

"Quale poveraccio?"

"Non lo so. Io per esempio sono un poveraccio."

"Per carità non facciamo i furbi con la noce. Che cos'è una noce? È quasi niente."

"Un quasi niente buono da mangiare, però."

"Va bene ma non ci metteremo a litigare per una noce, adesso. Per me conta di più l'amicizia."

"L'amicizia non si mangia."

"L'amicizia no ma l'amico sì, se uno ha molta fame."

"Che cosa vorresti dire?"

"Che ti conviene darmi la noce che ci penso io. Dammela."

Pannocchia guarda Millemosche, molto indeciso se consegnare la noce. Poi allunga la mano. Millemosche prende la noce con un gesto veloce e la scaglia molto lontano con un altro gesto molto veloce. Pannocchia e Carestìa la seguono con gli occhi, poi corrono dove pensano che sia caduta. Millemosche invece si mette a scappare dalla parte opposta a quella della noce. Quando i due se ne accorgono, Millemosche è già lontano. Lo vedono che salta sopra un fosso, scavalca una siepe, attraversa un prato e scompare dentro a un bosco di querce.

"Millemosche è scappato."

"Come mai?"

"Secondo me si è fregata la noce."

"Che cosa facciamo?"

"Che cosa vuoi fare? Se scappa bisogna corrergli dietro."

Pannocchia e Carestìa si mettono a correre nella direzione dove è scomparso Millemosche, saltano sopra il fosso, scavalcano la siepe, attraversano il prato e scompaiono nel bosco di querce. Fanno molta strada in discesa e in salita, passano al di là di una montagna, ogni tanto vedono da lontano Millemosche che sta ancora scappando. E se invece di Millemosche fosse un altro così da lontano? Il mondo è pieno di gente che scappa, soprattutto quando c'è qualcuno che gli corre dietro.

 

UN PRATO PIENO DI PECORE

 

Pannocchia e Carestìa non ne possono più di correre e camminare, ma se si fermano sentono un gran freddo che gli entra nelle ossa. Cercano di scaldarsi i diti delle mani e dei piedi con il fiato, ma è freddo anche quello perché viene dallo stomaco vuoto. Solo quando uno ha mangiato e ha lo stomaco pieno, spiega Carestìa, butta fuori il fiato caldo. E allora per non sentire il freddo non resta altro che tapparsi le orecchie così non si sente più niente e buonanotte. Carestìa ha una certa pratica di queste cose e Pannocchia sarebbe anche d'accordo con lui se non fosse contrario. Prima di tutto perché non vuole darla vinta a Millemosche che è scappato con la noce e poi perché lui, bene o male, pensa "al futuro.

"Non possiamo passare tutto l'inverno qui con le orecchie tappate."

"Non ho sentito quello che hai detto."

"Se non apri le orecchie non mi puoi sentire."

"Come?"

Per farsi capire Pannocchia si alza e si rimette a camminare. Carestìa si alza e gli va dietro un po' offeso perché le decisioni vanno prese insieme. Già Millemosche si è comportato male e adesso ci si mette anche Pannocchia. Camminano un bel pezzo senza parlare cercando di prendere sempre le strade in discesa perché sono molto stanchi e perché sicuramente anche Millemosche avrà preso le strade in discesa. Passano in una zona molto verde, una grande distesa di erba medica e ginestrone. E in mezzo a tutto questo verde vedono un grande branco di pecore bianchissime. Pannocchia e Carestìa si fermano di colpo. Tante pecore insieme non le avevano mai viste.

"Quelle sono pecore o mi sbaglio?"

"Stai zitto che sono pecore, che ti venga la lebbra!"

"Lo sai che sono buonissime da mangiare?"

"Ce ne prendiamo una per uno."

"Io me ne prendo due."

"Io tre."

"Ma allora perché non ce le prendiamo tutte? Così abbiamo da mangiare per un anno. Se ne mangiamo una alla volta, loro neanche se ne accorgono."

"È buono anche il latte di pecora. Possiamo fare il formaggio pecorino."

"E la lana. Io mi faccio subito due materassi."

"Perché due?"

"Uno per sotto e uno per sopra."

"Con la pelle di pecora si possono fare dei giubbotti. Si mette il pelo voltato all'indentro cosi tengono il freddo e la pioggia."

"Ma non scapperanno via quando ci vedono?"

"Se camminiamo pecoroni forse ci scambiano per pecoroni."

"Ma dopo ci verranno dietro dove vogliamo noi?"

"Se non vengono dove vogliamo noi, possiamo benissimo andare noi dove vogliono loro."

Pannocchia e Carestìa si buttano a terra e si avvicinano al branco camminando a quattro zampe come se fossero delle pecore anche loro. Ogni tanto alzano la testa per guardare e le pecore sono sempre lì, non si muovono e non dicono niente. Forse dormono. Ma Pannocchia fa segno a Carestìa di stare giù e di tacere, non si sa mai. Pecoroni pecoroni si avvicinano ancora. Si graffiano le mani e i ginocchi ma non fanno caso al dolore, non fanno caso a niente, nemmeno al freddo che gli gela le orecchie. Ecco che ormai sono arrivati a pochi passi. Si scambiano una occhiata e poi saltano in piedi tutti e due insieme e si buttano avanti di corsa a testa bassa mirando ciascuno a una pecora. Carestìa da una gran testata contro qualcosa di molto duro.

"È un sasso, che ti venga la lebbra!"

"Anche la mia è un sasso."

"Allora te lo dico io che cos'è: ci siamo sbagliati."

"Hanno fatto finta di essere delle pecore."

"Chi?"

"I sassi."

"Quali sassi?"

"Le pecore."

"Quali pecore?"

"Come faccio a saperlo se sono dei sassi?"

Il prato è cosparso di grossi sassi bianchi, tondi, levigati dal vento e dalla pioggia. Sembrano pecore ma non hanno la lana e non sono buoni da mangiare. Pannocchia e Carestìa allora si mettono a mangiare l'erba come l'avrebbero mangiata le pecore se ci fossero state. Radicchi, rughetta, zampe di gallo e lingue di cane. Quando alzano gli occhi dal prato vedono là in fondo, addossata a una parete di tufo, una baracca di legno con un filo di fumo che esce dal camino.

Pannocchia e Carestìa si avvicinano circospetti e sospettosi. Quando sono lì provano a spingere la porta. È chiusa. Girano intorno e trovano che anche il finestrino è chiuso. Pannocchia rifà il giro della casa e si mette a guardare attraverso una fessura della porta. Si stacca quasi subito e fa segno a Carestìa di venire a guardare anche lui. Quello che vedono li lascia a bocca aperta ma senza parole. Poi vanno a sedersi per riprendere fiato.

"Come avrà fatto quello schifoso di Millemosche a trovare una donna così bella?"

"Come vuoi che abbia fatto? L'ha trovata per caso e per fortuna, come si trovano i funghi."

"Perché non bussiamo?"

"È inutile, tanto non ci apre."

"E allora che cosa facciamo?"

"Ci conviene aspettare. Anche perché voglio sapere che fine ha fatto la noce."

"Capace che se la sono mangiata loro due, lui e la donna."

"Vigliacchi."

"Hai visto? Vatti a fidare degli amici."

"Io nell'amicizia non ci credo. Gira e gira sono sempre gli amici che ti fregano."

"Hai ragione, gli amici bisognerebbe ammazzarli tutti."

Pannocchia e Carestìa si accucciano lì da una parte sopra un mucchio di paglia e si abbracciano stretti stretti per scaldarsi. Chiudono gli occhi perché sanno che chi chiude gli occhi alla fine si addormenta. E infatti si addormentano.

 

DOVE C'È L'UOVO C'È ANCHE LA GALLINA

 

Sarà che ha sentito qualcosa di fuori come il rumore del russare di Pannocchia e Carestìa, Millemosche apre la porta e si presenta all'aria con la faccia da furbo. Va a sedersi vicino a Pannocchia e Carestìa che si sono svegliati da poco e lo guardano di strafalcioni, come si guarda un traditore.

"E la noce che fine ha fatto?"

Millemosche si mette una mano in tasca e tira fuori la noce. La lascia cadere in terra senza dire niente. Pannocchia la raccoglie subito, se la mette in tasca e Carestìa?

"Metà è mia."

"Dovete fare a metà."

"Tu non vuoi la tua parte?"

"Io non ho fame."

"Strano."

"Ma che strano, è segno che ha mangiato. Dì la verità, Millemosche, hai mangiato?"

"Ho mangiato delle uova di gallina."

"Se ci sono le uova ci saranno anche le galline."

"Quelle non si toccano, sono di Menegota."

"Chi è Menegota?"

"La donna che mi dà da mangiare."

"Dove sono le galline?"

"In casa ma sono legate con uno spago per via dei ladri."

"Faccene rubare almeno una."

"Ladri!"

"Ma non l'abbiamo ancora rubata."

"Se ci provate vi ammazzo tutti e due."

"Tu prova a ammazzarci e vedrai che cosa ti facciamo."

"L'ho detto per dire."

"Però hai perso la testa dietro a Menegota."

"Mi trovo bene così, con la testa persa. Vedo dappertutto dei fiori, tanto per dire. Voi li vedete i fiori?"

"No."

"Io come mi guardo intorno non vedo altro che fiori, rossi blu viola bianchi celesti, di tutti i colori."

"I fiori te li tieni per te. A noi dacci almeno le uova se non ci vuoi dare le galline."

Millemosche ritorna nella baracca e richiude la porta con il catenaccio e poi si mette a cantare. Pannocchia e Carestìa raccolgono il mucchio di paglia e lo portano dietro la baracca per non sentire. Poi Pannocchia tira fuori la noce, la rompe con un sasso sotto gli occhi attenti di Carestìa. Il dentro è nero secco e ammuffito. Pannocchia lo divide in due lo stesso e ciascuno butta via la sua metà. Poi si accucciano sulla paglia per dormire e dormono. Dopo dormito si svegliano e chiamano Millemosche che risponde cantando."

"Che cosa fai?"

"Canto."

"Chi ti ha insegnato?"

"Menegota."

"E ti piace cantare?"

"Moltissimo. Cantiamo sempre, invece di parlare cantiamo."

"Si vede che avete la pancia piena. Dacci le uova se no andiamo via."

Pannocchia e Carestìa stanno accucciati tutto il giorno sul mucchio di paglia e aspettano le uova che Millemosche gli fa scivolare fuori dal finestrino. Qualche giorno arrivano due uova, qualche giorno tre, qualche giorno niente. Dopo un po' Pannocchia e Carestìa non ne possono più per la fame e la malinconia. Allora è meglio andare in giro per il mondo piuttosto che stare lì a fare gli accattoni. Che amicizia è quella di Millemosche? Crede di essere più furbo di loro perché ha trovato una donna che gli da da mangiare. Cresce il malumore. Anche perché Millemosche ogni tanto si diverte alle loro spalle. Per esempio un giorno mette fuori la mano e lascia scivolare sulla paglia due uova. Pannocchia e Carestìa corrono e si accorgono che sono due gusci vuoti. Li schiacciano sotto i piedi. Dopo i due gusci vuoti Millemosche manda giù due uova vere e loro credono che siano altri gusci e schiacciano anche quelle. Così per quel giorno devono accontentarsi di mangiare le erbe grasse che crescono sul tufo e i funghetti che spuntano intorno al tronco di un grosso olmo.

"Lui mangia e beve e noi qui a aspettare dalla mattina alla sera come due accattoni. Tutto per qualche uovo. Ci avesse una volta fatto assaggiare una gallina o almeno un po' di polenta. Niente."

"Io ho deciso che forse me ne vado."

"Hai ragione, vengo via anch'io. Se Millemosche vuole venire con noi, altrimenti peggio per lui."

"Che cosa avete da lamentarvi?"

È Millemosche che fa la domanda arrivando d'improvviso alle spalle di Pannocchia e Carestìa. I due si voltano e lo guardano malamente. Tanto per incominciare non è questo il modo di arrivare alle spalle della gente per ascoltare i discorsi degli altri. Secondo:

"Abbiamo deciso che noi andiamo via. Tu fai quello che vuoi, se vuoi restare resta. Noi andiamo. Siamo stufi di aspettare i tuoi comodi e i tuoi avanzi."

"Ma se non avete mai mangiato tanto in vita vostra! Anche il formaggio."

"Le croste."

"È un formaggio fatto così, tutta crosta."

"Non è possibile. Se c'è la crosta ci sarà anche un dentro. Chi lo mangia questo dentro?"

"Non ci metteremo a litigare per una crosta di formaggio adesso?"

"Io litigo per il dentro, non per la crosta."

È lo stesso. Io dico che se siamo amici non dobbiamo litigare, altrimenti che razza di amici siamo?"

 

HO SOGNATO MENEGOTA

 

Pannocchia vede una margherita grande come la ruota di un mulino, un papavero gigantesco che fa una bella ombra rossa tutto intorno, un fiore di zucca alto come un campanile. Gelsomini, rose rosa e gialle. Anche gli alberi sono tutti fioriti come se fosse primavera, ciliegi, peschi mele, e perfino le querce hanno i rami coperti di fiori. Pannocchia cammina a piedi nudi sull'erba, tirando su con il naso per annusare tutti i profumi di tutti quei fiori e si sente come se avesse bevuto un fiasco di vino. Il Paradiso deve essere così, pieno di fiori e di profumi. Solo che nel Paradiso, secondo Pannocchia, devono esserci anche tanti prosciutti e formaggi sparsi per terra così quando uno ha fame si siede e mangia un bel pezzo di formaggio o addenta un prosciutto. Pannocchia guarda per terra pieno di speranza ma vede solo erba e allora capisce che questo non è ancora il Paradiso anche se a prima vista gli assomiglia molto.


Дата добавления: 2018-02-28; просмотров: 421; Мы поможем в написании вашей работы!

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